domenica 13 settembre 2009

I TUMORI MALIGNI PRIMITIVI DELL'OSSO E LA BIOPSIA

I TUMORI MALIGNI PRIMITIVI DELL'OSSO E LA BIOPSIA
Autore: Prof. Fabio Lazzaro

I tumori primitivi maligni dell'osso sono da ritenersi una malattia rara, con incidenza pari allo 0,2% circa di tutti i tumori maligni (meno di 3000 nuovi casi per anno negli USA). Prima degli anni '70, il loro trattamento era affidato alla sola chirurgia, quasi sempre di tipo demolitivo (amputazione o disarticolazione dell'arto) e con tassi di sopravvivenza nell'ordine del 10-20%. Negli anni 80, con lo sviluppo di più efficaci farmaci chemioterapici e di protocolli di trattamento, tali tassi di sopravvivenza sono drasticamente migliorati, consentendo di focalizzare gli sforzi della ricerca sulla salvataggio dell'arto colpito dalla malattia (il cosiddetto limb salvage). Inoltre l'introduzione delle metodiche TAC e RMN ha consentito una più accurata visualizzazione della sede anatomica del tumore e i suoi rapporti con le strutture circostanti, cosicché la pianificazione preoperatoria della strategia di intervento è stata notevolmente perfezionata. Una migliore selezione dei pazienti, candidati a specifici e sempre personalizzati tipi di intervento chirurgico, ha comportato anche un decremento dei tassi di morbilità delle procedure bioptiche, che sono divenute sempre più mirate e meno invasive rispetto al passato. Attualmente l'80-90% dei pazienti con tumori maligni primitivi delle estremità, più frequentemente rappresentati dall'osteosarcoma, dal sarcoma di Ewing e dal condrosarcoma, possono essere trattati con sicurezza mediante resezioni ampie e ricostruzioni del segmento scheletrico operato funzionalmente valide.

LA BIOPSIA
Il riscontro di una lesione dell'osso o dei tessuti molli non richiede invariabilmente una biopsia. Infatti, la combinazione della storia clinica, della obiettività dei dati di laboratorio, laddove ritenuti indicati, e l'appropriata indagine strumentale permettono di porre un attendibile orientamento diagnostico nella maggior parte delle lesioni muscolo-scheletriche. Le lesioni che clinicamente o radiologicamente appaiono essere di natura benigna non richiedono alcuna biopsia, la quale è invece indicata in caso di lesioni benigne che abbiano comportamento aggressivo, nelle lesioni maligne e nei casi dubbi, per confermare la diagnosi clinica e porre le corrette indicazioni per il trattamento definitivo. La biopsia non deve essere dunque considerata una scorciatoia per la diagnosi, bensì la fase conclusiva dell'intero processo diagnostico. Essa deve infatti essere sempre preceduta da una accurata valutazione clinica e dall'attenta analisi dei risultati delle indagini strumentali eseguite. La diagnosi di una lesione muscoloscheletrica si basa infatti su questi tre parametri; nel caso in cui essi non diano risultati concordanti la diagnosi deve ritenersi dubbia. Nel passato, le biopsie venivano solitamente eseguite mediante ampi accessi chirurgici, con conseguente significativa contaminazione dei tessuti circostanti al tumore; se ciò poteva allora considerarsi trascurabile, visto che non vi erano alternative alla amputazione o disarticolazione, oggi un tale comportamento non è più giustificabile, visto che oltre il 90% dei pazienti viene sottoposto ad un intervento di tipo conservativo Una biopsia adeguata è dunque da ritenersi un elemento essenziale per il corretto trattamento dei tumori muscolo-scheletrici e deve essere eseguita solo dopo aver terminato lo studio per immagini della lesione, perché questo: 1) contribuisce alla diagnosi; 2) è necessario alla definizione dello stadio della malattia; 3) è importante per decidere tipo, sede e modalità del prelievo; 4) è essenziale per pianificare l'intervento chirurgico; 5) l'edema o l'ematoma locale possono alterare alcuni aspetti dello studio per immagini. Inoltre, deve essere eseguita solo quando si abbia ben chiaro il successivo iter terapeutico, per evitare errori che potrebbero comprometterne il corretto svolgimento, quali: collocare l'incisione bioptica in modo da non poterla poi includere ampiamente, senza rischi di lasciare residui di malattia, nel blocco della resezione chirurgica; dissecare ed aprire gli spazi intermuscolari, lo spazio attorno al fascio vascolo-nervoso, la cavità articolare, causando una contaminazione extracompartimentale; provocare ematomi che, diffondendo lungo il tessuto interstiziale e muscolare, possano contaminare con cellule tumorali altre sedi poste a distanza. Una biopsia eseguita in maniera inadeguata può fuorviare o ritardare l'ottenimento della diagnosi, avere un impatto negativo sulla sopravvivenza del paziente e costringere ad eseguire un intervento demolitivo per ottenere adeguati margini di resezione. Il numero di biopsie inadeguate eseguite al di fuori dei centri di riferimento per la patologia neoplastica sono purtroppo di frequente riscontro. Dal punto di vista della tecnica, la maggior parte delle biopsie si presenta semplice. Sono invece l'indicazione alla biopsia, l'identificazione della sede dove eseguirla e la via anatomica da seguire che fanno la differenza fra una biopsia significativa e, talvolta, una catastrofe.

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